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Una Storia di Speranza e Impegno alla 17 esima Giornata Mondiale della consapevolezza dell'autismo

 


Il 2 aprile 2024 compie 17 anni, la Giornata Mondiale della consapevolezza dell'autismo istituita dall'Assemblea Generale dell’ONU. Anche sé le sue origini risalgono  ai primi decenni del XX secolo.

Il primo fù Eugen Blueler, nel 1912, a utilizzare per  la prima volta il termine autismo per descrivere una serie di sintomi associati alla schizofrenia. Fu solo nel 1943, tuttavia, che questo termine fu impiegato come diagnosi in sé.

Non a caso la vera pietra miliare nella storia dell'autismo, tuttavia, risiede nella prima diagnosi ufficiale.

Fù il dottor Leo Kanner a essere riconosciuto come il primo a utilizzare il termine per diagnosticare un disturbo sociale ed emotivo, separandolo dalla schizofrenia. Questo avvenne nel 1943, quando Kanner diagnosticò undici pazienti, ma il caso più noto è quello di Donald Triplett.

 

Donald Triplett è stato il primo individuo a cui è stata diagnosticata ufficialmente l'autismo. Nato nel 1933 in una famiglia rispettata nella piccola comunità di Forest, Mississippi, Donald ha segnato una svolta nella comprensione di questa condizione. Prima della sua diagnosi, Donald era stato ricoverato in un istituto, una prassi comune per i bambini con disturbi mentali in quel periodo.

Tuttavia, Donald non si adattava alla classica diagnosi di schizofrenia, e i suoi genitori, determinati a trovare risposte, iniziarono a cercare aiuto da specialisti. La sua permanenza nell'istituto lo vide sempre più isolato, una situazione che coinvolgeva anche la sua famiglia. Dopo un anno, contro il parere dei medici, i genitori decisero di portarlo a casa.

Questo segnò l'inizio di una ricerca incessante di risposte e di cure appropriate per Donald e, di conseguenza, per tutti coloro che condividevano la sua condizione. I genitori, con grande determinazione, si rivolsero a specialisti e cercarono ogni via possibile per comprendere e supportare il figlio.

Da quel momento in poi, la storia dell'autismo ha conosciuto numerosi sviluppi, sia nel campo della ricerca scientifica che nell'ambito delle politiche sociali e sanitarie.

La figura di Donald Triplett rimane un simbolo di speranza e di determinazione per tutte le persone coinvolte nell'affrontare questa complessa e delicata condizione. Un punto di partenza e di arrivo sul’autismo.

L'autismo ha una prevalenza variegata in diverse nazioni, con stime che indicano un caso su 54 bambini negli Stati Uniti, uno su 160 in Danimarca e in Svezia, e uno su 86 nel Regno Unito. In Italia, la stima è di un bambino su 77 nella fascia d'età 7-9 anni. Questi dati evidenziano la necessità di politiche sanitarie, educative e sociali mirate a migliorare i servizi e le risorse a disposizione delle famiglie coinvolte. Di conseguenza, la rete dei servizi educativi per l'infanzia, dei pediatri di famiglia, delle neonatologie e delle Unità Operative di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza è stata potenziata tramite il Fondo Autismo, coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità. Questa rete comprende professionisti dedicati a supportare sia le famiglie che le persone affette da autismo, con l'obiettivo di promuovere la definizione di un Progetto di Vita personalizzato.

La rete include figure professionali preposte a supporto di famiglie e persone con disturbo dello spettro autistico, promuovendo la definizione di un vero e proprio Progetto di vita.

Un concetto che sta a cuore di molte persone in particolar di modo Carmen Mosca, presidente della  cooperativa sociale Aliter a cui abbiamo posto una breve intervista



Domanda: diamo il benvenuto a Carmen Mosca mamma di Mariano grazie per prenderti il tempo di parlare con noi. Potresti raccontarci un po' di te, e del essere mamma di Mariano, cui necessitano bisogni e d’attenzione speciali ?


Risposta:Maria Rosaria , grazie sempre per l'attenzione che tu dedichi al sociale, soprattutto in questa giornata che è il 2 aprile.

Con l’istituzione di questa giornata internazionale sancita dall'ONU ormai moltissimi anni fa in modo che tutte le persone autistiche e i loro familiari di accendere i riflettori su questa condizione, una condizione che ovviamente crea in maniera etnogenea più o gravi difficoltà nello sviluppo.

In effetti ormai siamo finalmente arrivati alla conoscenza che non è un disturbo psicologico, non è un problema psicologico, psichiatrico, bensì un disordine del neurosviluppo e quindi una condizione biologica multifattoriale, molto complessa, al punto che persone come Mariano che partono da un livello 3 di gravità possono, grazie agli interventi e soprattutto ai trattamenti scientificamente supportati, arrivare a un livello 1. Mariano ha cominciato con un livello molto basso di funzionamento, attualmente si parla non più di funzionamento cognitivo ma di supporto, allora era in una condizione molto grave di ritardo rispetto all'età cronologica, rispetto ai bambini della stessa età e quindi di conseguenza la mia vita è cambiata, fermo restando che io di base mi sono sempre occupata da sempre di neuropsichiatrica infantile, ma comunque ho dovuto ampliare e approfondire le mie conoscenze come qualsiasi altro genitore avrebbe fatto nel mio stato, ad avere un figlio con questa diagnosi.




Domanda: Sei la presidente della cooperativa sociale Aliter cosa è, di cosa occupa nelle dinamiche del neosviluppo?


Risposta: Nel 2014 abbiamo fondato la cooperativa sociale Aliter che è giunta dopo la costituzione dell'associazione di orientamento alle persone autistiche. La prima era appunto il braccio armato, lo definiamo, dell'associazione dove invece si uniscono soprattutto le famiglie. La cooperativa è costituita innanzitutto da operatori, persone che continuamente si formano, che si aggiornano e che seguono quelle che sono le direttive della scienza. Non interpretazioni, non musicoterapia, non pet-terapia, non tutto quello che assume e viene assurto a livello terapeutico quando poi invece di scientifico ha molto poco, molto soggettivo e spesso utilizzato per supportare le famiglie. Ma assolutamente le famiglie, non i ragazzi di quali non imparano, assolutamente. Noi ci facciamo appunto guidare dai dati, dai dati analitici, dai dati scientifici per insegnare abilità di vita quotidiane al punto che i bambini che sono arrivati da noi, alcuni non hanno perso la diagnosi perché quella, ripeto, è una condizione che si ha alla nascita, ma sicuramente vivono la loro vita in maniera funzionale, addirittura con supporto minimo.

 Ci sono bambini che potrei definire indistinguibili, ma ripeto, non sto parlando di perdita di diagnosi, ma sicuramente di acquisizione di abilità alla pari dei propri compagni. Forniamo strumenti, forniamo soprattutto ai genitori, noi assumiamo per intero il carico della famiglia perché la disciplina che noi utilizziamo, quindi a cui ci rifacciamo, è l'applied behavior analysis, o l'analisi comportamentale applicata, che è una scienza, che è la parte più scientifica della psicologia e che funziona in maniera molto significativa, quindi cambia veramente la curva di sviluppo delle persone. Ed è il caso di Mariano, per esempio, in primi.



Domanda: Quali sono le sfide più grandi che hai incontrato nel tuo lavoro e come le hai affrontate?


Risposta: Le sfide più significative che ho incontrato nel mio lavoro riguardano soprattutto la necessità di suscitare un cambiamento di mentalità, in particolare tra le persone adulte che mantengono posizioni rigide e obsolete. Mi riferisco sia a genitori che spesso delegano ad altri la responsabilità di curare i propri figli, comprese le decisioni riguardanti la loro salute, sia a neuropsichiatri che si aggrappano a concezioni profondamente datate rispetto alle migliori pratiche per i giovani. Questi professionisti talvolta insistono su terapie ormai superate e non adattate alle esigenze attuali, ignorando i progressi della ricerca e le esigenze individuali dei loro pazienti.

Inoltre, ho incontrato insegnanti che si rifiutano di adottare nuovi approcci, aggrappandosi al mantra "ho sempre fatto così, basandomi sulla mia esperienza". Tuttavia, è diventato evidente che tale approccio non è più sufficiente, soprattutto considerando le particolarità del funzionamento delle persone autistiche. La comprensione e l'adattamento alle loro esigenze richiedono un'evoluzione costante delle pratiche educative e terapeutiche. Affrontare queste resistenze e promuovere il cambiamento verso approcci più efficaci rappresenta una delle sfide più impegnative del mio lavoro..


Domanda: Quali sono seconde lei miei principali obiettivi per di promuovere l'inclusione sociale e lavorativa, di sensibilizzazione che una comunità deve fornire supporto e risorse alle famiglie e alle persone affette da autismo e sulle altre disabilità coinvolte.

Risposta: Per quanto riguarda la seconda domanda, ritengo che l'informazione, la conoscenza e la condivisione degli obiettivi e delle strategie per raggiungerli siano essenziali. A Pomigliano c'è ancora molto da fare, ma negli anni abbiamo stabilito la nostra sede operativa ovviamente a Pomigliano d'Arco. Ci interfacciamo con le varie amministrazioni che si sono succedute nel tempo e abbiamo ottenuto dei validi interlocutori.

L'ultima amministrazione con cui ci stiamo interfacciando ci ha concesso, grazie al sindaco Russo nove anni fa, la concessione di un bene confiscato alla camorra: villa Siani. Adesso ci trasferiremo nella parte più centrale di Pomigliano, al Palazzo Pranzataro grazie anche un solido pubnto di riferimento per noi, dell'assesorato alle politice sociali Domenico Leone


Domanda: Come vedi il futuro dell'inclusione delle persone con autismo e altre disabilità nella società?


Risposta: Per quanto riguarda il nostro impegno continuo nel cuore pulsante della città, riteniamo fondamentale che i nostri ragazzi, ormai cresciuti, siano integrati nella vita comunitaria e non relegati ai margini della società. È essenziale considerare che mantenere questa integrazione è cruciale per il loro sviluppo e benessere.

La mancanza di comunicazione e inclusione può essere vista come una forma di ghettizzazione, ma riconosciamo che ci sono sfide da affrontare.

Nel corso degli anni, abbiamo lavorato per migliorare le nostre condizioni e interventi, trovando soluzioni anche durante periodi difficili come il lockdown.

Consultando pubblicazioni e riviste scientifiche, siamo stati in grado di individuare vie di risoluzione per le sfide che abbiamo affrontato. Abbiamo presentato piani per promuovere l'indipendenza e l'occupazione dei nostri ragazzi, sia quelli con bisogni di supporto minimi che quelli più complessi.

Continueremo ad impegnarci per garantire che ciascuno di loro abbia l'opportunità di realizzare il proprio potenziale.


Domanda: Quali consigli daresti dare alle famiglie che stanno affrontando una situazione simile alla tua e alle persone che desiderano impegnarsi nell'inclusione delle persone con disabilità?


Risposta: Per quanto riguarda l'esperienza delle persone e delle famiglie coinvolte nell'autismo e nel processo formativo, è essenziale approfondire la tematica e comprendere il funzionamento atipico delle persone con autismo.

Solo così possiamo individuare le strategie adeguate per intervenire sulle condizioni e i parametri specifici.

Tuttavia, non possiamo aspettarci che gli individui con autismo affrontino queste sfide da soli. Non possiamo pretendere che mettendoli in contesti convenzionali, come stanze chiuse o scuole, essi apprendano abilità di vita in modo generalizzato.

È risaputo che la stragrande maggioranza degli individui autistici non generalizza gli apprendimenti ottenuti in un contesto specifico.

Dobbiamo tutti collaborare per offrire loro opportunità di apprendimento in tutti i contesti della vita.

Il primo passo è formare i genitori, che diventano parte integrante del team di supporto. Non si tratta solo di fornire loro conoscenze a livello professionale, ma di offrire strategie di insegnamento che consentano alle persone con autismo di apprendere in modo efficace e differenziato. È fondamentale che i genitori siano dotati degli strumenti necessari per educare i propri figli in ogni momento della loro vita.

Quindi, l'invito è a formarsi, a tutti i livelli e in ogni ambito, soprattutto per gli adulti che hanno a che fare con persone autistiche, che siano genitori, operatori o insegnanti. Solo attraverso un impegno condiviso e una formazione adeguata possiamo garantire un supporto efficace e un ambiente di crescita ottimale per le persone con autismo e le loro famiglie.


Domanda: Infine, qual è il messaggio principale che vorresti condividere con il mondo nella giornata mondiale delle persone autismo? E quello da evitare?


Risposta: Come ho precedentemente sottolineato, è cruciale per la Giornata Internazionale della Consapevolezza sull'Autismo non solo discutere, ma agire concretamente. Come mio figlio ha saggiamente espresso in un video, "meno chiacchiere e più azioni".

Abbiamo compiuto numerosi sforzi, come gonfiare palloncini blu e illuminare i principali monumenti delle città con questo colore, poiché il blu è stato definito il colore dell'autismo. Tuttavia, c'è molto di più da fare. È tempo di porre fine alle discussioni superficiali e attirare l'attenzione su ciò che conta davvero.

Ora dobbiamo concentrarci su creare le condizioni per permettere alle persone autistiche di vivere in modo autonomo e dignitoso, evitando il paternalismo e le illusioni. Alcuni potrebbero temere i suoni e chiudersi le orecchie, altri potrebbero reagire aggressivamente a causa di difficoltà nel gestire le proprie emozioni. Le loro esperienze non devono essere fraintese o interpretate attraverso una psicologia obsoleta. È il momento di agire con intelligenza e sensibilità per fornire supporto adeguato e garantire che ogni individuo possa vivere una vita piena e soddisfacente, libera da stereotipi e discriminazioni.


Grazie del tuo tempo




Di Maria Rosaria Ricci



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